Storia

La fondazione di Castel Belasi è collocabile intorno al tardo Duecento, nell’ambito dell’affermazione, in Anaunia, del Conte del Tirolo e delle famiglie di lingua tedesca. Il castello fu concesso in feudo a Ulrico di Ragogna nel 1291 e i suoi discendenti lo tennero fino al 1368, anno in cui il maniero passò a Chunradus di Termeno, capostipite dei Khuen. Successivamente le sorti del castello si sarebbero legate alle fortune di questa famiglia, che aggiunse al proprio nome quello originario del maniero, Belasi appunto, chiamato anche, nei documenti, Bellasi, Bellasio, Bellagio e Bellago. Esponente di spicco del casato fu Pancrazio Khuen Belasi, signore del casato fra gli anni Sessanta del Quattrocento e il 1523, anno della sua morte. Si erge dietro le mura perimetrali il robusto mastio che richiama sia la torre del vicino Castel Sporo-Rovina presso il paese di Sporminore, con cui condivide la pianta pentagonale, sia il mastio ottagonale di Castel Valer a Tassullo, affine per l’impiego della pietra granitica e per i ruvidi e caratteristici spigoli in pietra bugnata. I tre complessi castellani sono peraltro accomunati dai legami delle rispettive famiglie detentrici con la contea tirolese. Il complesso è protetto in parte - e cioè nei tratti meno difesi naturalmente - da una doppia cortina muraria e le fortificazioni più esterne furono erette nel corso del XVI secolo, mentre la cinta muraria maggiore, originaria difesa del castello, fu ulteriormente innalzata intorno alla metà del Quattrocento fino a raggiungere l’odierna imponenza. Tale precauzione fu verosimilmente adottata nel secondo decennio del Quattrocento quando vi fu la temporanea conquista del castello da parte di Pietro Spaur. Durante la cosiddetta “Guerra rustica” il castello fu occupato dai contadini in rivolta nel 1525.
L’Ottocento dovette essere un secolo di complessiva decadenza del castello quando, nonostante alcuni interventi manutentivi, si percepisce la progressiva trasformazione del complesso nobiliare in un semplice centro di controllo per la gestione dell’estesa area agricola che gli afferiva. L’ultimo Khuen che vi risiedette fu Arbogast Khuen Belasi, morto nel 1950. Proprietario di un terzo del castello a partire dagli anni Ottanta, il Comune di Campodenno ha rilevato nel 2000 la proprietà dell’intero complesso. Un lungo percorso di restauro restituisce oggi alla comunità trentina, e non solo, un antico maniero dal fascino intatto.
La struttura

La maggior articolazione delle difese, con ad esempio le due garitte cinquecentesche (piccole costruzioni in muratura generalmente addossate alle mura esterne tipiche del periodo compreso tra il XIV e il XVI secolo) poste a guardia dei due ingressi a mezzogiorno e a oriente, era organizzata a ovest, sud ed est, mentre la porzione settentrionale presenta meno difese, data la presenza del pendio scosceso, protezione naturale da eventuali assalti militari. Nell’ampia area interna alla cortina sommitale era organizzato il nucleo insediativo del castello. Le parti a nord del complesso, quelle che oggi sono state in gran parte recuperate, avevano una destinazione d’uso prevalentemente residenziale, come attestato dalla qualità degli ambienti e dall’articolazione delle trasformazioni riconoscibili nel prospetto settentrionale, dove finestre e latrine aggettanti vennero ripetutamente aperte e chiuse a documentare la continuità e vivacità dell’utilizzo di quegli edifici.
Il complesso fortificato presentava una discreta articolazione: al mastio pentagonale e al palazzo quadrangolare centrale vennero via via addossati nuovi edifici, che andarono a occupare, nel corso degli anni, lo spazio libero fra questi e la cortina fortificata, saturando, a nord e a nord est, tutto lo spazio disponibile, fino a realizzare un unico, grande, corpo di fabbrica che conteneva in sé anche l’antico mastio pentagonale. L’analisi di alcuni elementi lignei conservati all’interno del complesso ha permesso la ricostruzione, attraverso il legno di larice (Larix decidua), di una curva dendrocronologica che copre completamente l’arco temporale che va dal 1290 al 1563. Si tratta di termini di datazione post quem, che ci offrono comunque indicazioni precise sulle più consistenti fasi di crescita del complesso nei seguenti periodi: dal 1350 al 1400 e dal 1450 al 1550.
Le decorazioni pittoriche

Le decorazioni pittoriche del tardo Quattrocento, dell’inizio del Cinquecento e della fine del Cinquecento, nonché le diverse date incise sulle superfici affrescate o dipinte sugli intonaci a calce, concordano perfettamente con queste datazioni, restituendoci l’immagine di una piccola corte periferica nella quale il buon livello della vita che vi veniva condotta doveva rappresentare un piccolo presidio di aulica nobiltà, in un territorio altrimenti fortemente ruralizzato. Una volta superata la torretta di guardia e la garitta orientale, ci si ritrova nella corte più ampia del castello, dove venivano svolte funzioni in prevalenza rurali, come dimostrano i corpi di fabbrica posti a sinistra, adibiti un tempo a stalla. Il grande palazzo centrale reca nei saloni interni semplici stucchi settecenteschi e divide in due corti l’area delimitata dalla cinta muraria. Sulla facciata sopra il portale sono affrescati lo stemma Khuen Belasi e quello dell’Arciduca d’Austria Ferdinando II, risalenti al XVI secolo. Il mastio, collegato al palazzo, subì delle modifiche nel corso del Cinquecento con l’aggiunta di una scala a chiocciola e venne ulteriormente sviluppato in altezza. L’ala nord-est del palazzo ospita un interessante ambiente affrescato raggiungibile mediante una scala in pietra rossa che sale dalla corte. Le pitture rivelano quale probabile modello figurativo la decorazione del refettorio del Castello del Buonconsiglio, opera di Marcello Fogolino. Risalenti verosimilmente alla metà del Cinquecento, tali decorazioni sarebbero da ricondurre alla committenza di Pancrazio II Khuen Belasi, che bene conosceva le sale del Buonconsiglio, poiché fu capitano del popolo di Trento fra il 1556 e il 1569.
Il carattere colto delle pitture ad affresco visibili nell’ala nord-ovest e in quella nord-est del castello testimoniano come il Cinquecento sia stato il secolo d’oro dei Khuen Belasi. Con il secolo XIX e il tramonto della società dell’Antico regime, anche Castel Belasi, al pari di altri importanti manieri, conobbe una progressiva fase di declino e in seguito di vero e proprio abbandono.
La cappella

Se si attraversa l’androne del palazzo centrale, si giunge alla corte nobiliare un tempo coperta. A sinistra, presso il mastio, si trova la cappella dedicata a San Martino di Tours. L’ambiente, piccolo e dalle proporzioni allungate, reca lacerti di affresco risalenti al Cinquecento. Una piccola finestra chiusa da una grata permetteva la comunicazione con una stanza del palazzo baronale, affinché i nobili potessero ascoltare la Messa anche durante la convalescenza.