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Casa Endrici è un significativo esempio di dimora storica della piccola nobiltà anaune, che si distingue dagli altri edifici del centro storico per l’assenza di annessi rustici e per l’inserimento di decorazioni ed elementi tipici dell’architettura colta. Il palazzetto si compone di due corpi adiacenti, con accessi autonomi, e assunse le forme attuali tra il 1720 e il 1758, date che si leggono nel sottogronda dei prospetti settentrionale e occidentale. Il corpo orientale, tuttora parzialmente abitato, risale al 1755, come si ricava dalla data inserita nella tabella visibile in facciata. I due corpi di fabbrica mostrano la medesima tipologia di finestre con cornici dipinte a finto marmo. A causa della pendenza del terreno, il complesso edificiale presenta sul lato meridionale tre piani fuori terra. Il corpo occidentale reca in facciata un affresco votivo del XVIII secolo ed è completato da una terrazza e da un muro di cinta merlato. Al 1929 risale l’apposizione dell’epigrafe marmorea celebrativa dell’arcivescovo Celestino Endrici, sormontata dal suo stemma scolpitoa rilievo. Acquisito dal Comune di Don nel 1982, fu oggetto nel corso degli anni Novanta di un restauro generale. Un intervento di manutenzione delle facciate e di risanamento della terrazza si è concluso nel 2015.
L'affresco

L’affresco raffigura la Madonna col Bambino, recante la corona e lo scettro di regina dei cieli, assistita da quattro angioletti. La Vergine è invocata dai santi Romedio, Antonio da Padova e Antonio abate, a intercessione delle anime del Purgatorio raffigurate in basso al centro. La scena è inquadrata da una finta cornice mistilinea, sormontata da un cartiglio recante la scritta AVE MARIA e circondata da un finto drappo azzurro e rosso pendente da un baldacchino. Ai lati della scena principale si ergono su finti piedistalli le figure di Santa Brigida, patrona di Don, e di San Floriano, protettore contro gli incendi. Sotto la parte figurata corre la scritta SVSCIPE VIRGO DEI GENITRIX PIA EXPOSCENTIVM VOTA, che contiene un cronogramma dal quale si ricava la data di esecuzione: 1747. L’affresco è attribuibile su base stilistica al pittore Mattia Lamp, padre del più noto Giovanni Battista Lampi. Fu restaurato nel 1997.
L'androne

Il bel portale in conci di pietra rossa disposti ad arco è chiuso da una porta in legno intagliata con motivi araldici dal falegname Golner di Sarnonico, varcata la quale si accede all’androne. Si tratta di un portico passante con soffitto voltato, che unisce il fronte strada alla terrazza, mettendo in comunicazione gli ambienti dell’ala sud-ovest con quelli del piano superiore. Le vele delle volte e le pareti sono profilate da decori dipinti a tempera dopo il 1904, anno dell’ascesa di Celestino Endrici alla cattedra di San Vigilio: lo si evince dalla presenza dello stemma di famiglia guarnito delle insegne episcopali, modellato in stucco al centro del soffitto. La campagna decorativa, che interessò l’intero edificio, è attribuibile a Ubaldo Tasselli, il pittore mantovano che nel 1910 eseguì la decorazione pittorica della chiesa di Don, su incarico dello stesso Endrici. Dall’androne si scende alla sala da pranzo, posta su un piano ribassato. Oltre una doppia porta a vetri si apre un andito voltato a crociera, dal quale si accede alla sala di ricevimento, finemente arredata, e alla cappella.
La cappella

La prima notizia risale al 24 giugno 1795, quando il principe vescovo di Trento Pietro Vigilio Thun concedeva a don Giovanni Endrici, sacerdote beneficiato a Don, una “patente” per erigere nella propria casa un oratorio privato. Il vano, a volta ribassata, è illuminato da tre monofore sul lato lungo e da una finestra centinata aperta a ovest. La volta presenta una decorazione a cielo stellato su fondo blu, variato in giallo ocra negli spicchi, mentre nelle lunette si dipana una trama geometrica. Le pareti, sotto una fascia recante le croci di consacrazione, sono dipinte a finti conci di pietra. Gli ornati furono eseguiti tra il 1904 e il 1914, come si deduce dalla presenza degli stemmi del vescovo Endrici e di papa Pio X. Al centro della volta risalta, entro una raggiera, il monogramma di Cristo. Dietro la mensa lignea dell’altare è appeso un dipinto ottocentesco raffigurante Cristo in croce. Altre opere d’arte di pregio sono una statua dell’Addolorata di manifattura gardenese, un busto in gesso di Celestino Endrici eseguito dallo scultore romano Pietro Lazzari nel 1919 e una statua lignea policroma del XVIII secolo raffigurante San Carlo Borromeo, compatrono di Don.
Il piano nobile

In capo alla scala si apre il lungo corridoio intorno al quale si organizzano tutti gli spazi del piano nobile. Alle pareti sono appesi i ritratti di famiglia, tra cui quelli dei fratelli Giambattista, Nicolò e don Giovanni, parroco di Romeno, attribuibili al pittore Mattia Lampi. Al XVIII secolo risalgono anche i ritratti del principe vescovo Domenico Antonio Thun e del suo coadiutore Leopoldo Ernesto Firmian. Notevole è pure il ritratto del vescovo Endrici eseguito nel 1909 da G. B. Chiocchetti. Nei quattro ambienti laterali sono appesi altri ritratti degni di nota, tra cui quello del canonico Felice, dipinto nel 1910 da Agostino Aldi, e quello dell’arcivescovo Celestino eseguito nel 1929 da Orazio Gaigher. Due piccole vedute dell’Abbazia di Heiligenkreuz e del Carmelo di Mayerling ricordano il confino subito in quei luoghi da Celestino Endrici durante la prima guerra mondiale. Di particolare interesse è la decorazione a tempera dei soffitti, di gusto neorococò.
gli arredi

Nei dieci ambienti accessibili al pubblico sono conservati arredi e opere d’arte di pregio, tra cui due antiche cassapanche in legno di noce intagliato, una piattaia ottocentesca con un servizio di piatti in peltro, l’inginocchiatoio settecentesco della cappella, un trumeau con intarsi in radica, un tavolo rotondo pure intarsiato e alcune piccole specchiere di manifattura viennese. Di particolare pregio sono due salotti completi in stile Biedermeier che arredano due ambienti del piano nobile. In fondo al corridoio si trova una scrivania ottocentesca in radica di noce sulla quale sono esposti un calamaio in stile liberty e altri oggetti appartenuti al vescovo Endrici. Alle pareti sono da notare una veduta del santuario di San Romedio di Metodio Ottolini, una tela settecentesca raffigurante San Giovanni Nepomuceno e alcune stampe del XIX secolo, tra cui quella riproducente l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, opera dell’incisore bassanese Pietro Vedovato. Nel palazzo sono conservate numerose fotografie di Unterveger, Altadonna, Pavanello, Brunner e altri fotografi trentini attivi a cavallo tra Otto e Novecento, che documentano i momenti salienti della vita di Celestino Endrici e di altri membri del casato.